L’architetto: «Interveniamo su 2000 anni di storia. E i torinesi potranno vederlo in diretta»

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«Sarà un intervento molto complesso ma che non ci fa paura: d’altro canto, siamo lo studio che si è occupato dei progetti di restauro della Mole Antonelliana e del recupero di una parte del Palazzo Reale. Alle sfide importanti siamo, come dire, abituati». Gianfranco Gritella è l’architetto che con il suo atelier torinese, Gritella e Associati, firma il progetto di consolidamento strutturale del maestoso Palazzo di Piazza Castello e, più in particolare, della parte centrale della facciata barocca che Filippo Juvarra progettò tra il 1718 e il 1722. Il cantiere, finanziato dalla Fondazione CRT per 2,4 milioni di euro, partirà a gennaio e proseguirà per i successivi cinquecento giorni, «durante i quali andremo ad intervenire, speriamo in modo definitivo, in uno dei luoghi di Torino più celebri al mondo, che racchiude duemila anni di storia».

Palazzo Madama infatti, come ricorda il progettista e direttore dei lavori, è un edificio tanto antico quanto singolare: «Sorge su vestigia romane, in quella che era la Porta Decumana, e in seguito è diventato un fortilizio medievale, quindi il castello dei principi d’Acaja, la residenza delle dame reali di casa Savoia, la sede dell’Osservatorio astrofisico di Torino, la dimora del Senato del Regno di Sardegna prima e del Regno d’Italia poi. Infine, Museo civico d’Arte antica, qual’è oggi. Quello che vediamo affacciarsi nel cuore della città è, tra l’altro, solo un quinto del progetto completo, mai realizzato dall’architetto, nelle cui intenzioni avrebbe dovuto occupare la metà di Piazza Castello».

Primo “architetto civile” del regno Sabaudo, il siciliano Filippo Juvarra riuscì comunque a terminare lo scalone barocco le cui dimensioni non ebbero eguali in Italia, almeno fino alla costruzione dello scalone d’onore del Vanvitelli alla Reggia di Caserta.

«La facciata juvarriana, costruita in marmo di Foresto, un marmo molto bello ma molto fragile, presenta, nella sua parte centrale, quattro enormi colonne che sostengono un cornicione che a sua volta sorregge quattro grandi statue allegoriche. Alcuni dissesti della verticalità delle due colonne angolari hanno portato, con il tempo, a deformazioni nella struttura del cornicione e al distaccamento di frammenti di pietra; indagini specifiche, inoltre, hanno di recente messo in luce che a causare tutto ciò è stato il cedimento di nove architravi orizzontali in pietra, ciascuna delle quali lunga sette metri e pesante due tonnellate, collocate alla sommità delle colonne principali», spiega l’architetto.

«Dall’ispezione delle tre piccole “camere cieche” all’interno della struttura, abbiamo potuto così definire le modalità del nostro intervento. Come prima cosa, dunque, entreremo in queste cavità dove realizzeremo dei sistemi in acciaio dalla forma curvilinea, molto innovativi, che avranno il compito di sorreggere gli architravi danneggiati ed impedire il cedimento dei soffitti che si vedono dalla piazza. Non praticheremo alcun buco, proprio per non ledere l’edificio, ma realizzeremo e porteremo in quota grandi piastre di acciaio inox che agganceremo poi a dei tiranti fissati a queste strutture curvilinee. Dei fori sagomati a disegno permetteranno di non danneggiare le decorazioni mantenendo in vista tutti i bassorilievi dei soffitti».

Una delle parti più spettacolari del progetto di restauro e consolidamento è poi il sollevamento e il trasporto a terra delle quattro statue delle Allegorie sabaude. «Sono alte quattro metri, pesano tre tonnellate e le separeremo dai loro basamenti tramite un taglio praticato con un filo d’acciaio molto simile a quello usato dai cavatori di marmo: fatto questo, le ingabbieremo e le faremo scendere a terra, dove saranno sottoposte a restauri e successivamente collocate nel museo. Al loro posto posizioneremo, in un secondo momento, delle copie».

In quello che diventerà, per Gritella, «il cantiere simbolo della città, anche perché darà ai torinesi la possibilità di ammirare dal vivo le principali fasi dei lavori», sono previsti anche interventi di recupero delle decorazioni e dei grandi finestroni barocchi. «Il degrado prodotto dal tempo, dall’inquinamento e dalle condizioni atmosferiche ha portato alla perdita di grandi aree decorate e scolpite: noi interverremo per impermeabilizzare, uniformare e stabilizzare l’intera superficie, armonizzando tecniche artigianali antiche, come l’inserimento di tasselli in marmo identico a quello usato dallo Juvarra, e materiali ad alta tecnologia come le fibre di carbonio, la resina e l’acciaio inox. Quanto ai finestroni barocchi, il progetto prevede la costruzione di una sequenza di telai in acciaio capaci di renderli indeformabili e proteggerli dalla spinta del vento».

Il gruppo di progettazione di questo importante restauro è composto da sei professionisti e si avvale della supervisione dell’architetto Luisa Papotti, Soprintendente Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Torino; la squadra di lavoro sarà invece composta da una trentina di maestranze esperte.

Monica Zornetta (Avvenire, Speciale I 30 anni di Fondazione CRT)