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Per impegnarsi a realizzare gli obiettivi chiave dell’Agenda 2030 non serve andare molto lontano. Basta entrare in una fattoria didattica, una delle oltre tremila accreditate in tutta Italia, per imparare a conoscere il valore del lavoro agricolo e dell’alimentazione sana e naturale, l’importanza della tutela della biodiversità, del collegamento tra campagna e città e tra fattoria e scuola, per scoprire le qualità della solidarietà e capire come sia proprio la sostenibilità la chiave principale per ricostruire un’economia e una cultura sociale messe in ginocchio dalla pandemia.

Ha la condivisione nell’anima – di esperienze, di obiettivi, di impegni ma anche di lavoro, di spazi e di modi di abitare – la biofattoria didattica Rio Selva, società agricola nata po’ di anni fa a Preganziol (Treviso) accanto al fiume Serva, a due cave e ad un casolare settecentesco, che rappresenta quasi un unicum nel panorama nazionale. Tutto è partito nel 1967 con l’acquisto di una decina di ettari di terra da parte dei visionari Bruno Moro e la moglie Anna Maria Cagnin (già fondatori di una delle prime esperienze di condominio solidale, a Treviso) che hanno investito tempo, energie e risparmi per realizzare un sogno: vivere e lavorare nella natura, contribuire con le idee e le azioni allo sviluppo di uno stile di vita dignitoso ed equo, che non prevede la distruzione dell’ambiente né lo sfruttamento dell’agricoltura e degli animali ma che, al contrario, diventa una ricchezza per l’intera comunità. E così, trasformate le due cave in laghi e piantati tre ettari di bosco, la biofattoria “formato famiglia” ha cominciato a produrre con metodo biologico certificato ortaggi, cereali e pan, e a venderli sia in fattoria, sia in un sistema di Piccola distribuzione organizzata (Pdo); nella metà degli anni Settanta, ha poi aperto le porte a progetti di accoglienza rivolti a persone con disagio psichico. Nel 2007 Rio Selva è entrata a far parte della rete delle Fattorie didattiche del Veneto, offrendo percorsi educativi alla scoperta della biodiversità – e affiancandosi, così, alle 400 realtà esistenti nel territorio regionale – e nel 2008, una volta ristrutturato l’antico casolare, ha dato vita a un innovativo esempio di co-housing che nove anni dopo è diventato uno specifico progetto comunitario realizzato in collaborazione con Mondo comunità famiglia (Mcf). Vivere insieme nonostante l’assenza di vincoli parentali, ottimizzare le risorse, gli spazi e le finanze sono dunque le parole d’ordine di questo interessante esempio di way of life sostenibile (il co-housing) che a Rio Selva coinvolge una dozzina di persone. Inoltre, la “creatura” della famiglia Moro accoglie da anni anche ragazzi con problemi di salute mentale che qui svolgono il proprio percorso di recupero e reinserimento sociale. «Ispirata dalla rete italiana di economia solidale, la biofattoria si è fatta promotrice di un Distretto di economia solidale (Des) chiamato “Oltre confin”, in cui giovani neo-rurali pianificano, organizzano e propongono filiere legate alla sovranità ambientale», spiega Domenico Maffeo, contadino e co-houser. «Tra i tanti progetti, la punta di diamante è rappresentata dalla prima Comunità veneta di supporto all’agricoltura, nata dall’esperienza bolognese di Arvaia, il cui compito è di creare un’unione di cittadini-produttori biologici in grado di coltivare il proprio cibo in modo sostenibile e solidale, partecipando alle scelte di base e alla gestione economica del bilancio agricolo».

Monica Zornetta (Avvenire, 2 dicembre 2020)