Porcari, monache e muratori: com’è la Storia tramandata dagli ultimi

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Che cos’hanno in comune un galeotto incatenato al banco del remo, una monaca di nobile famiglia, un ex guardiano di maiali, un modesto muratore, uno speziale e un soldato mercenario? Ciascuno di loro possiede, pardon, possedeva – siamo tra il Medioevo e il principio dell’Età Moderna – un taccuino. Proprio così: un taccuino, più o meno corposo, più o meno elaborato, dove annotava ricordi personali o stati patrimoniali, appunti di economia domestica e fatti di cronaca, a volte dettagliatissimi a volte meno, che accadevano fuori le mura della città o del monastero, sui campi di battaglia e sulle acque da sempre agitate del Mediterraneo.

Si tratta di diari a loro modo “speciali” perché, sebbene scritti in volgare con grafie a dir poco incerte, tipiche di chi ha poca affinità con le lettere, dalle loro pagine si affaccia, inaspettata, la grande Storia.

Ed è meraviglioso vedere come la raccontano, questa Storia. Non c’è la glorificazione del potere dei re e la celebrazione delle vicende dei cavalieri che le penne dei cronisti ufficiali – teologi, intellettuali, borghesi istruiti – hanno consegnato ai posteri, ma ci sono i fatti (e prodigi) che appartengono al quotidiano del piccolo artigiano, del campanaro, del pievano o del soldato di ventura mischiati ai grandi, spaventosi eventi che riverberano sulle loro comunità: la peste, le carestie, i roghi delle streghe e degli eretici, gli omicidi, le distruzioni delle città e le devastazioni delle campagne provocate dalle guerre.

In quelle pagine, insomma, c’è tutto (o quasi) ciò che hanno visto o di cui sono venuti a conoscenza vagando dalla canonica alla bottega, dalla piazza alla taverna, marciando al seguito del proprio contingente o remando con il piede incatenato al banco di una galea.

A dare dignità a questi personaggi minuti e al loro vivido mondo così ben rappresentato da Pieter Bruegel Il Vecchio è un libro fresco di stampa firmato dal medievalista senese Duccio Balestracci: L’Erodoto che guardava i maiali e altre storie popolari 1300-1600 (Editori Laterza, 240 pagine, 20 euro), dove l’Erodoto del titolo non è il padre greco della storiografia bensì l’umile figlio di un boscaiolo maremmano: Bindino da Travale, un ex guardiano di porci che scrisse una Cronica divenuta importante fonte storica per gli studi sulla Repubblica di Siena e i suoi rapporti con Gregorio XII.

Balestracci, professore di Storia medievale all’Università di Siena da qualche anno in pensione, raccoglie le storie di sedici «abusivi della scrittura» – come simpaticamente li chiama nel libro, includendo, in questa definizione, anche i canterini – con le cui cronache, lontanissime dai «canoni della lingua» e «di norma riservate alle scritture di chi è riconosciuto come legittimato a raccontarle», «esprimono la loro volontà di non rassegnarsi al solo ruolo passivo di lettori/ascoltatori di una narrazione fatta da altri, ma di lasciare testimonianza di come essa è stata vissuta».

Vediamo allora di conoscere qualcuno di questi «irregolari», a cominciare proprio da Bindino. Nato nella seconda metà del Trecento nel borgo di Travale, spostatosi a Siena per macinare e vendere colori per artisti, per buona parte della vita riempì quaderni di notizie di natura politica e religiosa che più tardi, con l’aiuto dei figli (i quali scrissero ciò che l’ex porcaro, nel frattempo reso invalido da una malattia, dettava, nda), confluirono in quella Cronica degli anni 1315-1416 che ha fatto di lui un vero e proprio cronista della Storia. In quella che Duccio Balestracci ha definito «una sorta di “storia diplomatica” del primo Quattrocento italiano rielaborata da un invalido in una casa senese», trovano posto l’estasi di Santa Caterina a San Domenico, che Bindino raccontò di aver visto con i propri occhi; il Concilio di Costanza e l’eresia hussita, di cui probabilmente venne a conoscenza nei corridoi delle istituzioni religiose e culturali senesi che frequentava fino al resoconto di fatti avvenuti in altri Paesi, quasi certamente appresi dai viaggiatori e dai mercanti con cui entrò in contatto.

Il quaderno di Aurelio Scetti, musicista fiorentino che nella metà del Cinquecento fu condannato all’ergastolo come rematore sulle galee per aver assassinato la moglie, riporta invece una strepitosa sequenza di storie di mare avvenute tra il 1565 e il 1577 – quando il Mediterraneo era solcato dalle galee delle Repubbliche Marinare e del Regno di Spagna, dalle navi corsare barbaresche e dalle flotte della Lega Santa in battaglia contro le armate ottomane. Inoltre, a differenza di Bindino da Travale, Scetti narra i dettagli di una vita rocambolesca (la propria), giocata persino a dadi da vari capitani di galere a Livorno.

L’autoritratto di Aurelio Scetti

I suoi racconti toccano i più importanti eventi legati alla marineria ottomana e cristiana nel Mare nostrum di quello spaccato di secolo ma denunciano anche le terribili condizioni di vita degli schiavi e dei criminali confinati ai remi; la parte più interessante, però, è forse quella che riguarda la sua partecipazione alla vittoria della flotta della Lega Santa sui Turchi a Lepanto, nel 1571, a proposito della quale l’autore de L’Erodoto scrive: il galeotto non lo poteva «sapere […] ma in una delle navi più o meno vicino alla sua» combatteva «uno spagnolo destinato a una gloria non minore di quella di cui si circonda la giornata di guerra». Il suo nome era Miguel de Cervantes.

Ai giorni nostri avrebbe potuto essere una cronista di nera con il soggólo la modenese Polissena Pioppi, che imparò a leggere e a scrivere da bambina, con il precettore, e che nel 1554, all’età di diciassette anni, entrò nel monastero di San Lorenzo dove prese i voti con il nome di suor Lucia. Nel taccuino che compilò e che più tardi confluì nella Cronica modonese della suor Pioppa, si intrecciano ricordi d’infanzia e d’adolescenza, racconti di cronaca e reportages storici compresi tra il 1542 e il 1605: dall’assedio della Mirandola, con l’arrivo di sfollati in casa Pioppi, alla presa di Calais da parte dei francesi fino allo scisma anglicano, allora in pieno svolgimento. Non di rado da quelle pagine fa capolino la sua fascinazione per il monstrum (una vera e propria ossessione anche tra i suoi coevi), alimentata dalle storie ascoltate dai famigliari o dai frequentatori della casa; tuttavia, è nel crime che indugia più spesso: descrive infatti assassinii, rapimenti, infanticidi e altre tragedie con piglio da nerista consumata.

Una pagina del diario di Peter Hagendorf (The National Library of Australia)

Ma, al netto di tutto, quella che Bindino da Travale e gli altri ci hanno tramandato è davvero Storia? «Si lo è, anche se non quella a cui siamo abituati», ci risponde lo studioso toscano, che partendo proprio da questa domanda ha costruito L’Erodoto che guardava i maiali. «E’ storia raccontata dal basso, molto spesso da persone che avevano un rapporto diretto con la scrittura ma che probabilmente non sapevano leggere, oppure da chi aveva imparato a leggere e scrivere in maniera fortunosa, magari nel retro di una bottega dove lavorava come garzone: pensiamo allo speziale Giovanni Antonio Da Faie. Questi narratori sono liberi dai condizionamenti e dai veti del potere, non devono scrivere una cronaca encomiastica ma riportano ciò che arriva loro addosso: eserciti, guerre e molto altro».

«La pletora di persone che parla è la più disparata: insieme al femminicida che racconta Lepanto dal remo e alla suora che dal monastero illumina la storia di mezza Europa, c’è il parroco dell’Appennino Parmense (Giorgio Franchi) che sta con i ribelli, il mercenario germanico della Guerra dei Trent’anni (Peter Hagendorf) che scrive in un tedesco del Seicento, il canterino fiorentino (Antonio Pucci) che compone le proprie storie per poi rappresentarle in piazza». Proprio com’è successo a questi, altri «storici dal basso» stanno aspettando che qualcuno ascolti la loro voce, così a lungo zittita dai canoni: «E infatti la panoramica da me proposta è solo lo spiraglio di una porta appena dischiusa», conclude Duccio Balestracci. Una porta dalla quale, con la luce, ha cominciato finalmente ad entrare anche il loro prezioso “chiacchiericcio”.

Monica Zornetta (Domani, 11 aprile 2025)

Il link: https://www.editorialedomani.it/idee/cultura/porcari-suore-e-muratori-come-la-storia-raccontata-dagli-ultimi-soxq1oza

Il pdf: Domani11Aprile2025-1-pdf.pdf