
Una modesta proposta per l’umanità: cerchiamo di essere più bonobo e meno scimpanzè
28/09/2025
La cittadina di Whitby, sulla costa settentrionale dello Yorkshire, è probabilmente il luogo più gotico di tutto il Regno Unito. Lo è per conformazione naturale: incastonata tra scogliere a picco sul mare dalle quali un remoto cimitero e la sua chiesa si protendono, è dominata dagli struggenti, solenni resti di un’antica abbazia benedettina. Lassù, il vento freddo, che s’arrampica sospinto dal mare dal Nord, sferza le lapidi e scuote i fili d’erba per insinuarsi infine, travagliato e silenzioso, tra gli archi e le colonne che la furia del tempo e degli altri elementi non ha cancellato.
Whitby è il luogo più gotico d’Albione anche per la storia e la letteratura che l’hanno reso leggendario. Sebbene ci sia ancora chi crede che tra le tombe dei pescatori, dei marinai e dei cacciatori di balene che popolano il suo cimitero, riposi anche l’ombra del vampiro vittoriano più famoso di sempre — ignorando quanto i nobili transilvani detestino l’idea che le loro «ossa debbano giacere tra morti qualsiasi» —, è certo, invece, che a dimorare lì in pace, da quasi tre secoli, sia tal William Swales: un pescatore il cui cognome sarebbe sicuramente caduto nell’oblio, se un certo Bram Stoker non lo avesse “disseppellito” per donarlo alla prima vittima del conte.
Da qualsiasi lato la si osservi, Whitby è innegabilmente gotica. Le tracce del mito di Dracula e delle leggende di fantasmi si annidano ovunque: sembrano quasi saldati all’argillite, all’arenaria e alle rocce scure delle sue scogliere. Che di mito si tratti, lo dimostra il ciclopico numero di prodotti culturali che nell’ultimo secolo gli sono stati dedicati: dalla musica alla letteratura, dal teatro al fumetto, dai videogiochi alla televisione e al cinema. Solo negli ultimi cinque anni, sono state prodotte miniserie, serie animate e diversi film, l’ultimo dei quali, Dracula: A Love Tale (“Dracula: Una storia d’amore”) di Luc Besson, basato sul romanzo di Stoker ma ambientato nella Parigi della Belle Époque, arrivato in questi giorni nelle sale italiane.
L’estetica, l’immaginario e la ricchezza simbolica di Dracula sono stati analizzati da studiosi e studiose di tutto il mondo, anche attraverso chiavi di lettura psicanalitica, postcoloniale, marxista e femminista; nel tempo, Dracula è così diventato una figura archetipica della modernità e un fenomeno pop globale, finendo anche al centro di bizzarre operazioni di decostruzione del suo mito, come quella tentata di recente dal regista romeno Radu Jude.
L’aristocratico “discepolo del diavolo” ha influenzato la moda, contribuito alla nascita della sottocultura goth – quella che per noi “gotici” italiani degli anni Ottanta era il dark – e trasformato definitivamente l’iconografia stessa del vampiro. Inoltre, ha ispirato eventi one-off, come il raduno entrato nel Guinness dei Primati nel 2022 a Whitby, dove 1369 fan vestiti da vampiri si sono riuniti per celebrare i 125 anni del romanzo di Stoker, e appuntamenti annuali, che in primavera e in autunno richiamano nella cittadina costiera appassionati del goth da tutto il mondo. È il caso del Whitby Goth Weekend, “andato in scena” in coincidenza con Halloween.
Ma come mai, vi starete chiedendo, Bram Stoker ha scelto proprio questo luogo conteso tra il mare del Nord e il fiume Esk, distante una cinquantina di chilometri da York, come sfondo per i mortiferi morsi del suo non-morto assetato di sangue? La risposta è abbastanza banale, se ripensiamo alla descrizione fatta all’inizio dell’articolo: ne era rimasto affascinato.
L’aveva scoperto nell’estate del 1890, durante una vacanza di due settimane con la moglie e il figlio piccolo. I tre erano a pensione da una certa signora Weazey, in una casa vittoriana al numero 6 della Royal Crescent, celebre tra i suoi benestanti ospiti per la vista mozzafiato sulla baia.
Stoker era reduce da una defatigante tournée con Henry Irving, l’attore shakesperiano del quale era il manager e del cui teatro, il Lyceum di Londra, direttore finanziario, e nonostante avesse scelto Whitby sostanzialmente per riposare, pare che l’idea di scrivere un romanzo sui vampiri sia nata proprio in questo periodo.
Quasi ogni giorno, lasciava la pensione e attraversava la città vecchia con il suo intrico di vicoli, di botteghe e di case dai tetti rossi e le facciate colorate raccolte le une sulle altre; saliva la scalinata di 199 gradini che lo conduceva al cimitero e all’abbazia (eretta sulle rovine di un monastero) e si perdeva a passeggiare tra le tombe, osservando la baia seduto sulla panchina che sta «sulla punta del cimitero».
Teneva sempre un taccuino con sé, dove annotava ciò che vedeva e che lo impressionava. Era curioso di ascoltare i racconti della gente del posto e prendeva moltissimi appunti anche dai libri, dalle mappe e dai giornali che consultava alla locale biblioteca pubblica, in fondo al molo. Qui era venuto a conoscenza di tanti fatti accaduti a Whitby, come il naufragio di cinque anni prima della nave russa Dmitry, che gli ispirò la descrizione dello spettrale arrivo della Demeter con il suo carico funesto. Non è invece certo che nella raccolta di questa biblioteca avesse trovato anche il libro dell’ex console britannico in Valacchia e Moldavia, William Wilkinson, che menzionava il Voïvode Dracula dal nome che «in lingua valacca significa Diavolo».
Nell’articolato romanzo che cominciò a scrivere una volta rientrato a Londra, e proseguì nei successivi sette anni anche nel villaggio dell’Aberdeenshire, dove spesso andava con la famiglia, Bram Stoker immaginò il porto di Whitby come il luogo dal quale il vampiro transilvano era entrato in Inghilterra. Lo aveva fatto arrivare una notte d’agosto, nel mezzo di una tempesta talmente furiosa che nessun lupo di mare ricordava qualcosa di simile, a bordo di una nave fantasma governata solo dalla «mano di un morto». Apparteneva, quella mano, allo sfortunato capitano, la cui salma era stata poi sepolta nel cimitero sulla scogliera.
Quando il malconcio vascello era finalmente riuscito a raggiungere il porto, lo scrittore decise di far apparire l’«orribilmente pallido» con le sembianze di una bestia: un enorme, spaventoso cane nero, che dopo essere balzato fuori, aveva puntato dritto «verso la ripida scogliera, là dove il cimitero pende sul vicolo che mena al molo orientale talmente a picco che alcune delle piatte pietre tombali – “traversoni”, come vengono chiamate nel vernacolo di Whitby – addirittura pencolano sull’abisso» per scomparire, infine, nell’oscurità.
Da buon irlandese cresciuto a pane e miti gaelici – e da buon vittoriano stregato dall’occultismo-, Bram Stoker attinse a piene mani dal folklore del Nord dell’Inghilterra e dello Yorkshire in particolare: il demoniaco cane nero che balza fuori correndo, dissolvendosi quasi, tra le strade di Whitby, è, infatti, il leggendario barghest, che secondo la tradizione si aggira nei cimiteri, nelle brughiere e tra le scogliere delle contee, presagendo la morte di chi ha la sventura di incrociarne lo sguardo.
Non molti anni fa, la London Library ha anche rivelato che una delle fonti più utilizzate dall’autore vittoriano per conoscere la cultura popolare, la mitologia e le oscure superstizioni nella regione dei Carpazi – compreso il significato del termine che laggiù designava i vampiri, cioè Nosferatu -, è stato il libro di una sconosciuta scrittrice scozzese, Emily Gerard, che visse in Transilvania al seguito del marito, ufficiale dell’esercito austro-ungarico.
Senza la cittadina di Whitby, insomma, è probabile che non avremmo mai avuto il conte maledetto.
Senza questo «posto delizioso», come fa scrivere a Mina sul diario, dalle quali «si levano le rovine dell’abbazia […] che è stata saccheggiata dai danesi» e dalla cui finestra la leggenda vuole «che si scorga una dama bianca»; senza quelle «passeggiate con sedili per tutto il cimitero», dove la «gente va a riposarvisi a tutte le ore del giorno, per ammirare il bel panorama e godersi la brezza», il wampyr più irresistibile di tutti i tempi non ci avrebbe mai sedotti con il suo fascino eterno.
Se i vampiri temono la luce del giorno, il nobile Dracula sembra invece vivere, e alla grande, sotto i riflettori. E, ci giurerei, nella sua tomba, non ci tornerà più.
Monica Zornetta (Domani, 3 novembre 2025)
Il pdf: 2025-11-02-DOMANI-NAZIONALE-DOMANI-14




