
Saponi, dolcificanti e antinfiammatori. Quei prodotti pericolosi per l’ambiente
24/03/2025
E’ noto che la compagnia degli animali domestici può migliorare la salute psico-fisica delle persone over 65 riducendo, allo stesso tempo, la spesa a carico del Servizio Sanitario Nazionale: si tratta di benefici che, in realtà, gli animali d’affezione possono apportare a chiunque entri in relazione con loro, non solo agli anziani.
Secondo un’indagine condotta nel 2024 dall’Osservatorio Unipol ed elaborata da Ipsos, più della metà degli italiani (il 56%) vive con un animale, il 36% con cani e il 33% con gatti e il 79% li considera membri effettivi della famiglia, con una percentuale che raggiunge l’85 tra i Millennial.
Sono numeri importanti che parlano di legami, di sodalizi affettivi positivi, anche di vere e proprie dinamiche sociali e famigliari condivise con i 65 milioni di pet – l’approccio One Health, d’altro canto, riconosce il valore delle interconnessioni tra la salute umana, quella degli animali e dell’ambiente – ma che presuppongono anche un impegno di spesa rilevante, legato soprattutto alla salute e all’alimentazione dell’animale (più di 1000 euro l’anno, sempre in base ai dati dell’Osservatorio Unipol sulla società italiana, di cui solo una minima parte detraibile). Per molte persone con fragilità anche economiche, è un impegno che sta purtroppo diventando sempre più insostenibile, al punto da non riuscire più a prendersi cura del proprio animale o, viceversa, di sé stessi.
Per il fisco italiano, inoltre, i cani, i gatti e gli altri animali d’affezione sono considerati “beni di lusso” e perciò alimenti e prestazioni veterinarie sono gravate da un’aliquota Iva del 22% (del 10% sui medicinali veterinari): è un regime fiscale che l’Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani considera il principale ostacolo per il conseguimento degli obiettivi strategici previsti proprio da One Health, e che rende complicata anche la realizzazione degli interventi destinati a garantire il benessere dei tanti animali che vivono nei canili e a prevenire abbandoni e randagismo, i cui numeri, nel nostro Paese, sono a dir poco allarmanti. Il report di Legambiente, Animali in città, parla infatti di 85 mila cani abbandonati nel 2023 (+ 8,6% rispetto al 2022) e 358 mila randagi, e delle ripercussioni che questo fenomeno ha sulla salute pubblica, sulla biodiversità e sui costi economici che le amministrazioni pubbliche, le associazioni animaliste e i volontari devono sostenere.
Nato durante il lockdown da un’idea di Gianluca Felicetti, presidente della LAV, il progetto di veterinaria sociale sta ormai mettendo radici in tutta Italia, dove, grazie alla collaborazione con gli enti pubblici e le Asl veterinarie, sostiene gratuitamente le famiglie in condizioni di fragilità sociale ed economica (segnalate dai Servizi sociali territoriali) che hanno bisogno di curare i propri animali domestici.
Il servizio è attivo a Prato, dove dal novembre scorso la LAV fornisce assistenza veterinaria gratuita in collaborazione con cliniche veterinarie, o in tutta la regione Piemonte, dove sono stati aperti ambulatori di veterinaria sociale presso le locali Asl veterinarie. Due anni fa, inoltre, l’amministrazione comunale di Modena ha varato una misura a sostegno dei cittadini con basso reddito che vivono con cani e gatti: questo provvedimento prevede un contributo massimo per le prestazioni di 150 euro oppure di 200 euro nel caso in cui l’animale sia stato adottato da un canile o un gattile comunale. E’ una misura intelligente e lungimirante che, secondo la LAV, «dovrebbe essere presa da esempio anche da altri Comuni», poiché «le istituzioni non offrono una rete di servizi in grado di rispondere ai bisogni costanti e pressanti delle persone e delle famiglie in difficoltà che vivono con animali».
«L’ambulatorio veterinario sociale, in funzione dallo scorso anno a Roma, prende vita dalla collaborazione con chi conosce bene le sofferenze degli esseri umani, cioè la Comunità di Sant’Egidio», commenta Felicetti «e grazie alla generosità dei nostri associati. Il centro di cura è destinato principalmente ai cani e ai gatti delle famiglie coinvolte nel programma di sostegno che da quasi tre anni stiamo portando avanti con la Comunità: in questo tempo abbiamo dato il nostro supporto a 120 persone per un totale di 140 tra cani e gatti. Tra le persone che abbiamo sostenuto c’era anche chi si privava del cibo per riuscire a dar da mangiare al proprio animale o chi aveva deciso di non entrare in ospedale, pur ammalato, perché non aveva qualcuno di fiducia a cui lasciare il cane», continua il presidente della LAV. «Il nostro è perciò un intervento sociale a 360 gradi perché aiutiamo la persona aiutando l’animale. L’ambulatorio copre qualsiasi tipo di prestazione, e quando non arriviamo con le nostre competenze o strumentazioni, collaboriamo con altre cliniche, il tutto sempre e solo a spese della LAV. La strada da fare è ancora tanta e il numero di nuovi ambulatori che riusciremo ad aprire dipenderà da quanto denaro potremo erogare (per quello di Roma il mantenimento annuale si aggira sui 100 mila euro mentre la spesa di impianto è stata di circa 170 mila euro, nda). Queste azioni, oltre ad essere concrete, sono anche dei simboli con cui vogliamo sollecitare alla politica la necessità di un intervento normativo che riconosca per legge, per esempio, la veterinaria sociale».
Monica Zornetta (Avvenire, 3 maggio 2025)
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