Sarà una “balena” a salvarci: la rivoluzione di Whale

La tortura dietro il sorriso eterno. Dov’è nato il ghigno di Joker
31/05/2025
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Una balena salverà il mondo (e ci salverà) dalla nostra megalomania. Forse.

A tentare l’impresa non è il «grave e profondo» Leviatano dalla «poderosa dignità divina» reso immortale da Melville, né qualche gigantesco mammifero che vive nei freddi Oceani del pianeta, ma un importante progetto che nuota veloce, pur senza pinna caudale, nelle acque poco profonde della Laguna di Venezia.

Il suo nome è Whale (in italiano balena) ed è un corso che il Dipartimento di Economia dell’Università Ca’ Foscari ha sviluppato insieme all’associazione ALI-Animal Law Italia per lavorare in modo nuovo sul grande tema del riconoscimento giuridico dei diritti degli animali.

Whale, acronimo assai felice di Working on non-Human Animals Law and Rights in the Eu, “Lavoro sul Diritto e i Diritti degli Animali non umani nell’Unione Europea”, è realizzato nell’ambito del programma Action Jean Monnet ed Erasmus +, aperto a tutti i corsi di laurea e anche al mondo extra-accademico. Oltre a ciò, ha la peculiarità di essere il primo modulo di didattica italiano a focalizzarsi interamente su questo aspetto del diritto internazionale utilizzando un approccio inedito: eco-centrista, interdisciplinare ed eco-femminista.

Partito al suo secondo anno lo scorso febbraio con una conferenza internazionale su “Antropocentrismo e nuove prospettive interdisciplinari giuridico-filosofiche”, Whale coinvolge, infatti, discipline diverse come la filosofia, la letteratura, la geografia umana e unisce lezioni, laboratori, workshops e conferenze – per un totale di 17 appuntamenti: l’ultimo, il 13 giugno –, tenute di volta in volta da docenti provenienti da atenei italiani ed europei.

I temi che vengono approfonditi sono quelli che riguardano da vicino non solo avvocati e giuristi ma che attengono, più in generale, al sistema di vita di ciascuno di noi, al modo in cui vediamo e ci comportiamo con gli altri viventi: per esempio, le questioni etiche e culturali che sottendono a pratiche come la caccia, la pesca o a spettacoli che si fondano sullo sfruttamento degli animali; il loro utilizzo nei laboratori, nella moda, nella cosmesi e nell’alimentazione; il problema di un “benessere animale” che molto spesso si ferma alle etichette dei prodotti.

Riprendendo il rivoluzionario esperimento australiano del Wild Law Judgement Project – che prevede la reinterpretazione di sentenze dal punto di vista della giurisprudenza della Terra – stimola inoltre a riscrivere sentenze e decisioni in base a principi eco-centrici.

«Poiché serve una “rivoluzione giuridica” che aiuti gli esperti e le esperte di diritto a cambiare metodo e a tenere in considerazione le sofferenze degli animali non umani in ogni ragionamento, l’approccio che Whale propone è ecologista e femminista», spiega Sara De Vido, professoressa ordinaria di Diritto Internazionale all’Università Ca’ Foscari e coordinatrice del modulo creato insieme all’avvocata Monica Gazzola, scrittrice, fondatrice di VegFashion, componente di Animal Law Italia e a un gruppo di giovani studiose. «E’ una prospettiva di analisi poco esplorata nel diritto: con la sua forza relazionale, l’eco-femminismo è capace di aprire uno spiraglio di luce nelle pieghe del metodo antropocentrista, per il quale, al centro, ci sono solo gli interessi umani».

Non serve probabilmente ricordare come questo pensiero, così profondamente innervato nel capitalismo, nel consumismo, nello specismo, sia così tragicamente connesso anche con la crisi ambientale che il pianeta sta vivendo.

«L’eco-femminismo ci aiuta a superare quel dualismo culturale (uomo-animale; ragione-natura; uomo-donna) che sta alla base degli schemi di oppressione, subordinazione e discriminazione che purtroppo conosciamo: il patriarcato, lo specismo, il razzismo, il colonialismo. Quando consideriamo i danni provocati dagli esseri umani agli animali e alla natura, dobbiamo avere presente chi li ha generati: un sistema maschile e patriarcale così potente da ripetersi anche in una prospettiva intragenerazionale e intergenerazionale», continua De Vido. «L’ecofemminismo mette in discussione tutti i sistemi di potere, di strutturazione gerarchica, di consumo e di industrializzazione».

«Non possiamo pensare di salvare le balene per combattere la crisi climatica e poi mangiare i pesci sfruttati negli allevamenti, o gestire i procedimenti penali per maltrattamenti negli allevamenti intensivi con le norme di un diritto pensato per gli esseri umani. E, specialmente, non possiamo continuare a concepire il benessere animale o dell’ambiente solo in relazione al nostro benessere. L’ambiente, gli animali non umani, devono essere sani e felici di per sé, a prescindere da noi», precisa Gazzola.

«Non è nemmeno possibile condurre una vera rivoluzione ambientale se non comprendiamo come questi schemi siano presenti tanto intra-specie quanto inter-specie e se non cominciamo ad analizzare queste relazioni nel contesto sociale, economico e culturale in cui avvengono», affermano ancora le creatrici del modulo il cui nome omaggia il magnifico mammifero studiato da entrambe: Sara De Vido ha infatti approfondito il lavoro della studiosa e attivista eco-femminista Greta Gaard sulla caccia alle balene in una comunità nativo-americana; Monica Gazzola ha invece osservato la vita delle megattere in Patagonia.

«La chiave di tutte le lotte», aggiunge, infine, Federica Timeto, professoressa associata di Sociologia dei Processi Culturali nell’ateo veneziano, femminista antispecista e tra le relatrici della conferenza di apertura, «è l’intersezialità (termine inventato alla fine degli anni Ottanta da Kimberlé W. Crenshaw, giurista afroamericana e pioniera degli studi di Teoria critica della razza, nda), applicata non solo alle questioni umane ma anche animali. Una intersezialità che va, cioè, anche oltre le specie e non solo tra i generi e le etnie; che riconosce come le oppressioni degli uni e degli altri siano interconnesse perché perpetrate secondo una linea comune. È qualcosa di più di una semplice convergenza di lotte: è una sorta di prospettiva di liberazione trasversale dalle oppressioni». Per info: https://www.unive.it/web/it/8284/whale-modulo-jean- monnet.

Monica Zornetta (Domani, 6 giugno 2025)

Il link: https://www.editorialedomani.it/idee/cultura/whale-ca-foscari-animali-non-umani-ecofemminismo-x3eed2uh

Il pdf: Domani 06 Giugno 2025 pag. 15 MONICA ZORNETTA