La sostenibilità è sempre più di “moda”
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Intervista al presidente di Confindustria Veneto: «Si deve recuperare competitività»
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E’ la provincia veneta che negli ultimi anni ha recuperato il più alto numero di posti di lavoro in Italia e in cui le sue imprese hanno visto aumentare la redditività del 13,3% e il fatturato dell’8,8%. Ma Venezia è anche la provincia che, insieme con Padova, “registra” la maggior presenza di imprese mafiose di tutto il Nordest: aziende soprattutto edili, immobiliari, di servizi professionali e di smaltimento rifiuti, concentrate in prevalenza nella parte orientale, che godono di un consistente vantaggio competitivo poiché sottraggono risorse alle società sane distorcendo le dinamiche della concorrenza.

Anche la recente inchiesta anti-camorra che ha travolto la località turistica di Eraclea Mare ha confermato un modus operandi criminale che si sviluppa penetrando imprese in difficoltà, acquisendole, spolpandole e facendole fallire, principalmente per debiti verso l’Erario, causando un danno all’intera comunità. Uno studio dell’Università di Padova sulla quantificazione della dimensione delle infiltrazioni mafiose nel tessuto imprenditoriale del Centro Nord Italia e sui suoi effetti economici ha dimostrato che solo quando una operazione di Polizia elimina dal mercato un’azienda collegata alle mafie, quelle virtuose aumentano del 20% la propria performance operativa.

Ma è possibile intervenire a monte? E che cosa possono e devono fare gli industriali veneti? «Possono fare tanto, e, anche se nel caso di Eraclea Mare non avevamo avuto il sentore di quanto stava accadendo – nessuno dei coinvolti era iscritto alla Confederazione – non vorrei parlare di sottovalutazione da parte nostra», risponde Vincenzo Marinese, 51enne presidente di Confindustria di Venezia e Rovigo e acceso oppositore di quelle parole, anche politiche, che, come ha detto il leader nazionale Vincenzo Boccia, creano la sfiducia nel Paese. «Viviamo in un territorio ricco che fa gola alla criminalità organizzata, la quale tenta di insinuarsi nella vita comune e di creare un rapporto devastante con gli imprenditori in crisi. Per contrastare a monte questo cancro è necessario che tutti gli attori, Stato compreso, agiscano su più fronti: per esempio consentendo alle aziende in difficoltà di accedere al credito (invertendo, e portandole in linea con l’Europa, le percentuali tra i crediti che le pmi richiedono come anticipo sui crediti stessi e quelli richiesti per investimenti a medio e lungo termine); lavorando a leggi serie e giuste sui tempi di pagamento e sui concordati preventivi con continuità, perchè anche questi rappresentano un ostacolo alla buona imprenditoria: basti pensare che se un industriale si libera dei propri debiti, quegli stessi passivi si ripercuotono su altre aziende che di quell’imprenditore sono creditrici. Abbiamo istituito qui una unità di crisi per aiutare – con le banche, con la ridefinizione di un piano industriale, con la ricerca di eventuali partner – gli imprenditori in difficoltà prima che questi decidano di imboccare scorciatoie pericolose». Anche il problema dello smaltimento dei rifiuti, molto sentito nella città di Venezia (e perfino nei suoi fondali, tanto che c’è già chi parla di “terra dei fuochi subacquea”), va risolto, secondo Marinese, con una politica integrata. «Serve un incremento degli impianti, una semplificazione delle norme in chiave sostenibile, un potenziamento dei controlli, una maggiore severità nelle sanzioni anche nei confronti degli organi di vigilanza e serve, infine, una formazione dei cittadini sulla raccolta differenziata. Se non si agisce in questo modo, e al più presto, nei prossimi tre anni la monnezza diventerà il problema numero uno per le industrie veneziane perchè si ritroveranno a non saper più che cosa fare per smaltirla».

Monica Zornetta (Avvenire, 7 giugno 2019)